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C’era una donna povera, vecchia e stanca, che abitava in una casa piuttosto diroccata, di chissà che epoca.
Era vedova, viveva da sola, e i suoi figli erano abbastanza disinteressati di lei da non andarla mai a trovare, per prendere un caffè o tenerle anche solo un po’ di compagnia. Li aveva cresciuti con l’amore e l’affetto che solo una madre può dare e, quando ebbero finito i loro studi, partirono per andare in città. Da quel giorno li vedeva sempre più raramente, sempre meno, finché non vennero più. Solo il funerale del loro vecchio padre fu occasione di ritrovo.
Sola, dedicava tutto il suo tempo a mantenere l’orto di casa, dove aveva imparato a coltivare tantissime piante di diversi tipi, o a pulire e rassettare la casa, aggiustare i mobili, cucire abiti e cucinare.
Quando faceva caldo usava lavare le lenzuola nel fiume dietro casa sua, così poteva rinfrescarsi e passare un po’ di tempo fuori della sua baracca.
Un giorno qualsiasi, la donna era stanca, non aveva voglia di lavorare, e decise di andare in riva al fiume per ammirare un po’ della natura e del canto degli uccelli, cosa che raramente si concedeva. L’aria era fresca ed era piacevole stare là fuori.
Le piaceva intonare delle canzoni, il più delle volte canzoni popolari, con quella sua voce melodica e splendida. Aveva fatto addormentare i figli più scalmanati con quella sua voce. Quei figli ingrati, che ora non la volevano più.
Continuava a cantare nostalgica, e fu lì che notò uno strano oggetto al centro del fiume, che lentamente si avvicinava alla riva, e che emetteva strani suoni, come risate di bambino. Si alzò per vedere meglio, ma era troppo lontano per capire di cosa si trattava. Ci mise qualche secondo, e dopo capì cos’era: un cesto di vimini, che galleggiava a fatica sull’acqua. Si chiese cosa mai ci poteva fare, lì, un cesto così delicato in acqua, e chi poteva avercelo messo.
Non era troppo lontano ormai, quindi con un ramoscello secco cercò di avvicinare quel misterioso cesto, e quando vide cosa c’era dentro quasi non resse allo shock. C’era una bambina dentro, con capelli castani lunghissimi e occhi profondissimi, del colore della notte, neri come la pece. La bimba non piangeva, ma rideva, come se sapesse che d’ora in poi sarebbe stata al sicuro.
Prese in braccio la bambina, era troppo dolce e bella per pensare solo di abbandonarla al suo destino, come evidentemente già qualcuno aveva fatto.
Aveva numerose cicatrici sul volto, quasi da sembrare disegni. Chissà chi erano i mostri che l'avevano ridotta così.
Ma i suoi bellissimi occhi infondevano nella donna una tranquillità e serenità che da tanto tempo lei non provava più.
E già si era innamorata di quella dolce e piccola bambina che chissà come e chissà perché era arrivata lì.
La rese subito felice. Decise di chiamarla Luce.
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