| 17 Settembre, Anno di Grazia 1666. Londra.
LILITH
L'aria fresca di fine estate ancora porta con sè sentori di fumo e carbone. Sembra che ancora aleggi cenere, come pulviscolo, nonostante il Grande Incendio si sia placato da ormai dieci giorni. Una carrozza trainata da una coppia di cavalli, tanto neri da confondersi con la notte, percorre a velocità sostenuta una strada di periferia, muovendosi sull'acciottolato quasi come se nemmeno toccasse il terreno irregolare. Il cocchiere non ha volto, nascosto nel mantello. Ferma davanti ad un'abitazione modesta ma dignitosa, e, dettaglio curioso, rimasta inviolata dalle fiamme. Una donna, alta e pallida, scende e si avvicina alla porta d'ingresso. Indossa un abito di seta cangiante color rosso scuro, l'ampia gonna damascata adatta più a un ballo che a una visita di cortesia, il colore stesso di certo sconsigliato dopo l'avvento di una tragedia che tanto aveva scosso l'Europa intera. Una cesta di vimini, coperta da un velo nero, sorretta dalla mano candida e dal braccio nudo fino al gomito, senza sforzo. Il viso della donna è celato da un drappeggio di pizzo del colore di piume di corvo, che però non riesce a nascondere il luccicare di due occhi incredibilmente verdi. Bussa, sa di essere inaspettata, ma allo stesso tempo di non sorprendere affatto la persona che deve, assolutamente, incontrare.
PSICHE
Qualcuno in quell'abitazione così sinistra e isolata dalla città, ubicata nel centro del bosco, nella vicina campagna Londinese, stava riposando. Un sonno leggero il suo, a fatica riusciva a prendere sonno, sempre all'erta com'è e come era stata abituata ad essere sin dalla più tenera età. La selezione naturale sarebbe dovuta essere crudele con lei, ma lei l'aveva beffata con garbo e malignità. Non è stata una notte particolarmente serena, al contrario qualcosa la turba e le scuote l'animo e non è la notizia che la città è distrutta e le perdite sono state molte. No, c'è dell'altro, qualcosa che non sa spiegarsi. La sorpresa la coglie quando sente qualcosa di estremamente potente ed estremamente oscuro avvicinarsi alla porta. E' sdraiata sul suo giagiglio e quando sente quel colpo secco sulla porta di legno non può che non sobbalzare, ma si alza. Lentamente e tastando ogni superficie disponibile, nel buio pesto dell'abitazione, giunge sino all'entrata. La donna esile apre piano la porta, i cardini ormai quasi arrugginiti, provocano un lamento quasi umano, ma non se ne cura: avrà tempo per pensare ad oliarli. Porta una benda che le copre gli occhi, ma pare essere totalmente a proprio agio senza aver il dono della vista. Non erano stati giorni semplici, ma non per lei come persona, lei era salva. Sapeva perfettamente come salvarsi. Ben altro le aveva creato qualche disturbo ai proprio delicati occhi: quella polvere e quella cenere le recavano un fastidio che cercava di placare con bende imbevuti di impacchi ben studiati e funzionavano. Socchiude le labbra quando ha modo di percepire l'enorme aura della creatura che ha di fronte e in un lampo si sposta dalla porta in modo da poter far entrare la donna. "Entrate pure.." dice frettolosamente, senza un saluto. Se Lei giunge qui a quest'ora, qualcosa di molto importante è accaduto e non vi è tempo per i convenevoli, pensa la giovane strega che conta ormai quasi setteccento anni.
LILITH
Un breve cenno al cocchiere e la carrozza riparte, probabilmente per fermarsi lontano dalla casetta che, sebbene isolata, potrebbe diventare oggetto di curiosità da parte di chi vedesse sostarvi davanti un mezzo tanto elegante e senz'altro costoso. La donna torna a rivolgere lo sguardo sulla padrona di casa, e senza proferire parola entra nella piccola dimora, quasi di fretta e non senza essersi lanciata un'occhiata alle spalle. Non vaga con lo sguardo sull'arredamento, anzi, sembra trovarsi perfettamente a suo agio: quella stanza non le è affatto sconosciuta. "Perdonate la visita inattesa, ma si tratta di una questione di estrema urgenza, di cui desidero occuparmi nel più breve tempo possibile...e sono certa che voi saprete come esaudire questa mia necessità." Sposta il velo che le copre il viso, sebbene sappia che la sua interlocutrice non ha la facoltà di poterla vedere: un segno di rispetto per la sua favorita fra le tante creature che da lei dipendono e sono governate, la sua strega più antica e potente. L'unica che possa aiutarla.
PSICHE
"Certo, mia Regina.." la regina delle Streghe, la suprema regina dell'ordine oscuro delle figlie del Male. Rispettoso è il tono con il quale si rivolge alla donna pallida e bellissima che ha di fronte. "Non recate alcun disturbo.. Anzi, sedetevi e ditemi cosa vi turba.. Sento che qualcosa si smuove dentro di voi e mi traspette angoscia, non posso mentirvi.." Ogni movimento è pacato e leggero, quasi la strega fosse un fantasma. Lo sente davvero quella sottile ansia che coglie la Regina e non può che riflettersi in lei che tanto le è legata e alla quale deve i molti poteri che possiede. Si siede a sua volta su una sedia di legno molto semplice. "Perdonatemi se non tolgo la benda dagli occhi, ma la cenere degli ultimi giorni mi provoca molto fastidio.. In ogni modo, parlate.. Vi ascolto.." Attende che si sia accomodata anch'essa prima di proseguire.
LILITH
Inspira profondamente, non è abituata a provare sulla propria pelle ansia che tanto ama trasmettere agli altri, e questo non fa altro che irritarla ulteriormente. Ma il modo con cui si rivolge alla strega è cortese ed educato, sebbene il tono della Regina non venga mai attraversato da una benchè minima parvenza di calore o coinvolgimento. "Non preoccupatevi per queste formalità, possedete mezzi ben più potenti e sensibili per vedere e non sarà certo la benda con cui proteggete gli occhi a turbarmi, o ad impedirvi di comprendere ciò di cui vi voglio parlare." Continua a reggere la cesta con una tale naturalezza da far pensare che possa essere vuota, ma se la giovane donna potesse osservarla senz'altro di accorgerebbe dei leggeri movimenti che increspano il tessuto che ne cela il contenuto. "Sono a Londra ormai da diversi mesi, e per una questione di gravità assoluta. Spero che l'Inghilterra mi perdoni il piccolo incidente dell'epidemia, ma anche se così non fosse...credo che sopravviverò ugualmente." Il sarcasmo è un dono che non si perde nemmeno nelle situazioni più difficili, a quanto pare, soprattutto se l'animo che lo ospita è uno fra i più spietati che il mondo abbia mai conosciuto. "Ho un...incarico da affidarvi, Psiche, e non ho intenzione di rivolgermi a nessun altro che non siate voi. Vi siete guadagnata il titolo di mia prediletta, in tutti questi secoli: con gli onori che questa condizione comporta, ma, purtroppo, con altrettanti oneri. Ma badate...dovete accettare, o rifiutare, in questo momento: non posso concedere di sapere più del dovuto nemmeno a voi." E' troppo delicato, troppo assurdo, perfino per essere svelato prima di aver ricevuto un giuramento di discrezione.
PSICHE
Si sistema la lunga treccia di capelli corvini su una spalla e ne accarezza le punte come è solita fare quando la mente sta macinando le congetture più strane. Non avrà il dono della vista, ma ha un udito impeccabile ed allenato per di più il silenzio che circonda la propria dimora le consente di percepire il più flebile fruscio. Dagli spostamenti d'aria e dagli scricchiolii di quel cestino che Lilith porta con sè sente che vi è qualcosa all'interno e quel qualcosa si muove. Ascolta attentamente le parole della Regina senza farsi sfuggire nemmeno una nota nella voce melodiosa delle donna. Persino nel momento di sarcasmo riesce a cogliere quella punta di disagio celata, tuttavia, con maestria. "Vi ringrazio per i complimenti che mi donate, mia Regina.." sorride inarcando appena gli angoli delle labbra rosee e la cicatrice che le solca il viso deturpandole la candida pelle si muove mostruosa sotto l'occhio bendato. "Una pestilenza per gli uomini è un castigo divino, ma ben sappiamo che dietro si cela qualcosa di più..." annuisce appena e prosegue. "Ancora una volta non posso sottrarmi ad una vostra richiesta.. Per caso, la risposta ad ogni dubbio è celata in ciò che portate con voi?" Per un altro essere umano una tale affermazione susciterebbe stupore e paura, ma sa che in Lilith non farà altro che suscitare ammirazione e in qualche modo vuole essere all'altezza della situazione, come sempre.
LILITH
Annuisce, concedendo alle sue labbra di piegarsi in qualcosa di molto simile a un sorriso soddisfatto. E' la risposta che voleva ricevere, l'ennesima conferma di quanto Psiche sia degna della sua fiducia. "Se gli uomini hanno ricevuto un castigo, di recente, posso assicurarvi che la peste e l'incendio possono essere considerati nulla, al confronto." Sibillina. Ma certe notizie non hanno alcuna necessità di ulteriore chiarezza. Prende un respiro, preparandosi a pronunciare per la prima volta il proprio segreto, il più grande e sconvolgente che possa portarsi dentro. "Non sbagliate, Psiche. La risposta a tutto è in questa cesta. Ed è bene che siate voi a prendervene cura, nel migliore dei modi possibili, adeguandoli al suo rango. Io...non so che farmene, se non assicurarmi che il suo sangue venga onorato come si conviene." C'è bisogno di dire altro? E' necessario specificare? No, è certa che tutto sia sufficientemente chiaro anche per colei che da sempre vive al buio. Non una nota di rimpianto, o di affetto, o di rimorso: si sta liberando di un peso.
PSICHE
"Capisco.." taglia corto, la strega. Non vuole sapere chi sia il padre, non vuole sapere nulla di più di ciò che la Regina le vorrà dire. Lo sente il profumo tenero e piacevole di un neonato. Le manine che si muovono sotto la copertura della cesta. Se si concentrata abbastanza sente persino il respiro cadenzato e ritmico della creaturina. "Potete darla.." una breve pausa, valuta gli odori, i movimenti e persino quanto possa essere grande lo scricciolo che si muove lì sotto "E' una femmina, vero?" di nuovo inquietante riesce a capirne il sesso. Dopo tutto, dotata di poteri come ella è e cieca sin dalla nascita, è il minimo che riesca a fare. "a me.. Me ne prenderò cura.. Se è ciò che mi chiedete.. Eseguirò i vostri desideri.. C'è altro che io debba sapere, mia Regina?" Solo ora si alza dalla sedia e si avvicina alla Regina allungando una mano verso di lei. Cosa significhi quel gesto è chiaro capirlo: comprensione. Nient'altro, qualsiasi cosa stia pensando Lilith, Psiche l'ha già compresa.
LILITH
"Sì, è una femmina. L'unica nota positiva, e so che voi potete comprendere cosa intendo." Ghigna appena, anche se non divertita, non è in grado di ridere, nè di scherzare amabilmente, nè al momento nè, probabilmente, mai. Lilith è stata la prima fautrice della parità, se non della supremazia, del sesso femminile sul genere maschile: d'altronde, non ci potrebbe aspettare nulla di diverso dalla regina delle Streghe. La bambina, forse sentendosi chiamata in causa, emette qualche versetto che alle orecchie dei più potrebbe apparire adorabile, ma che invece dalla madre viene accolto con freddezza, e forse fastidio. Non accenna minimamente a prenderla fra le braccia, nè a controllare se tutto vada bene, anzi, rotea gli occhi con un'aria che non è eccessivo definire disgustata. "Sì, un'ultima cosa: questo non è stato altro che un incidente. Nessuno ne sa nulla, nessuno dovrà saperne mai nulla. Dovrà essere nascosto talmente bene da essere dimenticato, da tutti tranne che da voi. E al momento siamo in tre a conoscere l'esistenza di...lei." Prende la mano di Psiche, stringendola appena con le sue dita affusolate e gelide: non aggiunge altro, sa che la strega ha capito cosa dovrà fare, ed ha fiducia in lei e nella potenza della sua magia, che lei stessa ha in parte infuso. "E il prima possibile...questa città inizia ad annoiarmi..." Sarà un bene anche per l'umanità intera che la Regina non si trattenga ancora a lungo sulla terra, alla luce degli effetti che il suo disagio e la sua rabbia hanno portato al destino degli uomini negli ultimi mesi.
PSICHE
Le stringe a sua volta la mano gelida traendo ulteriore forza da quel contatto. Lilith, per Psiche, è come una fonte di potere alla quale può attingere. Quando poi il contatto si interrompe si china a raccogliere la bambina. I gesti sono misurati e studiati. Le mani vagano con sicurezza come se la strega potesse realmente vedere con gli occhi quello che sta facendo. Raccoglie il fagottino e lo tiene fra le braccia con la delicatezza di una balia. Psiche fu madre un tempo, la madre più amorosa che un figlio potesse mai avere. Culla la piccola che smette di far versetti e rimane in silenzio, pare essersi addirittura addormentata. In quel lungo istante Psiche ha potuto ponderare velocemente il da farsi. "Serve un incantesimo della memoria, mia Regina.." ripone nuovamente la piccola nel cestino, avendo cura di coprirla dal freddo della notte e di quelle parole. "Un incantesimo che coinvolga voi e alla vostra controparte..."
LILITH
Osserva i gesti e le movenze di Psiche come una spettatrice vagamente annoiata. Non le importa come si tenga in braccio una neonata, o come si possano placare le sue richieste di attenzioni, o qualunque altra delicatezza debba essere riservata a una bambina: sa che la sua discepola favorita saprà occuparsene in modo che cresca sana e potente, ma il suo interesse si esaurisce in questo. Forse è un bene che Psiche non possa vederla attraverso il senso predisposto a tale scopo, perchè il suo viso totalmente inespressivo, forse, farebbe rabbrividire perfino lei. "Domani saremo qui entrambi, ero certa che avreste saputo offrirmi la soluzione a questo spiacevole inconveniente...e voi potrete essere altrettanto certa che sarete ripagata per il vostro disturbo, ed ancor più per la vostra dedizione. Non posseggo un'anima nè una morale, ma non dimentico i debiti, Psiche, e li onoro sempre..." Parlare di gratitudine sarebbe forse troppo, ma di certo riconosce che la strega la sta sollevando dalla più gravosa delle situazioni, e forse perfino da un destino infamante. "Intanto...voglio solo dimenticare." E' forse qui l'unico segnale di un qualche sentimento? Forse nemmeno la più sensibile delle anime saprebbe come interpretare la nota stonata che la voce di Lilith assume. E forse è meglio così.
PSICHE
Torna a rivolgersi dalla parte della regina, seguendone la voce poi posa compostamente le mani sul grembo. Una dea bendata e austera nella sua vestaglia da notte lunga e bianca che si confonde col candore mortale della pelle. "Domani a mezzanotte, entrambi qui.. Nel frattempo mi occuperò di reperire tutto ciò che mi serve.. Ciò che farò è reversibile, però.." fa una breve paura. Ha già pensato esattamente a quale incantesimo serva alla causa che sta per prendersi sulle spalle. "Se mai un giorno dovreste incontrarla, i ricordi torneranno tutti.. Ogni sensazione che avete provato entrambi correlata a questo avvenimento tornerà a galla.. Come un cadavere trascinato via dalla corrente.. E rimarrò solo io a sapere di questo.. Io e solo io, ma mai verrà proferito dalle mie labbra ad anima viva o morta che sia.. Avete la mia parola di Figlia del Male, mia Regina.." la voce risuona come suonerebbe una campana di morte in una valle desolata e abbandonata. Inquietante e funesta.
LILITH
Ascolta soddisfatta le parole della strega, e finalmente pare rilassarsi appena: ancora poche ore, e tutto sarà finito. "Mi sembra una condizione accettabile, Figlia mia. Sono certa che la soluzione da voi proposta è la migliore, e confido pienamente in voi e nella vostra abilità. Ma vi do un consiglio: fate in modo che certi ricordi non debbano mai essere risvegliati." Il suo tono torna duro e secco, freddo come il ghiaccio: non vuole più avere nulla a che fare con quella bambina, che non riesce a definire figlia nemmeno dentro di sè, mai più. E 'mai' assume un significato incredibilmente esteso, quando la propria esistenza viene scandita dall'eternità. Sta per aggiungere qualcosa, quando il silenzio viene interrotto dal rumore degli zoccoli di una coppia di cavalli: la visita è finita. Con una mano liscia e bianca come l'alabastro accarezza la guancia sfregiata della strega, un contatto che saprà ripagarla dello sforzo che dovrà profondere da questo momento agli anni a venire. "Siete la depositaria del mio segreto più atroce e pericoloso, e della mia stessa memoria, Psiche. L'unica al mondo." E' il suo modo di ringraziare, e comunicare quanto possa significare che si sia rivolta proprio a lei. Senza aggiungere altro dispiega nuovamente il velo di pizzo sulla testa, il cui aspetto luttuoso confligge con l'estrosità dell'abito, ed apre la porta senza far scomodare la propria ospite. "Domani, a mezzanotte. Non vi faremo aspettare. Lunga notte, mia diletta..." Un ultimo sguardo. Forse sofferto. Forse sollevato. E la carrozza riparte al galoppo, scandendo ritmicamente il tempo che la separa dalla fine di ciò che davvero può definire il suo primo, e più spaventoso, incubo.
Edited by MedeAthena - 13/5/2011, 08:25
|